E’ da sempre chiamato in più modi in funzione della zona di provenienza e del dialetto locale: olapi, imbiede, colubrina, crisolocano, farinello, imbiede, mercorella, olaci, , sangià, spinaccio di monte, vercheinon, volaghe, volatre, vollari, zampa d’oca, la verdura del freddo, buon Enrico.
Alcune spiegazioni di questi nomi sono davvero fantasiose:
– verdura del freddo, l’attribuzione del nome è legata all’altitudine in cui crescono, aree prevalentemente innevate d’inverno. Questo spiega anche il nome tedesco dieiszichorie, cioè cicoria del ghiaccio, nonostante non appartengano alla famiglia della cicoria ma a quella degli spinaci;
– zampa d’oca deriva invece dalla caratteristica forma delle foglie, dal greco “chen” (= oca) e “pous” (= piede) oppure “podion” (= piccolo piede)
– il nome scientifico invece bonus-henricus è stato assegnato da Linneo per onorare Enrico IV, re di Navarra e poi di Francia (1589-1610), protettore dei botanici e dell’agricoltura. La leggenda narra che Enrico IV nel 1.600 fece entrare nel suo parco reale la popolazione affamata per raccogliere erbe selvatiche e per gratitudine il popolo diede il nome di “Buon Enrico”.
– se le foglie vengono sfregate rimane attaccato alle dita un pulviscolo bianco da qui Farinello.
La pianta che può raggiungere i 60 cm in altezza ha un aspetto per la maggior parte liscio, in alcune zone presenta dei peli viscidi, non urticanti.
Cresce prevalentemente nel cuore dell’Appennino Centrale, tra Lazio, Abruzzo e Molise ad un’altitudine che va dai 1.200 ai 2.000 metri s.l.m. in zone dove pascolano le pecore, le quali concimano il terreno rendendolo ricco di azoto e nitrati, ben ospitale per la spontanea crescita di questa verdure dal sapore deciso e robusto.
Il fatto di crescere in altura ha indotto alcuni coltivatori del Nord Italia in particolare in Veneto e Trentino a impiantarne la coltivazione al di fuori del loro habitat originale; tuttavia, gli orapi rimangono ancora oggi un prodotto tipico a dimensione locale,
Il giusto periodo per trovare e raccogliere gli orapi va da maggio a luglio ma alle quote più alte si trovano anche ad agosto.
Per la conservazione è da tenere presente che si tratta di una pianta che cresce in quota, dove la neve d’inverno copre per un lungo periodo le piante pertanto sopporta benissimo processi di conservazione come il congelamento.
Anticamente gli orapi erano utilizzati per via delle loro proprietà come ricostituenti e prodotti depurativi e lassativi. Le foglie inoltre, se cotte con l’olio d’oliva, vengono utilizzate anche come impacchi contro piaghe e scottature.
Grazie all’elevato contenuto di sali minerali (come iodio, zinco, potassio, rame, sodio, calcio e fosforo), di vitamine (come B1, B12 e C) e di altre preziose sostanze quali carotene, betacarotene, clorofilla e mucillagini, gli orapi vantano notevoli effetti benefici per su diversi organi, apparati e funzioni (dal tono muscolare all’equilibrio intestinale, dal pancreas al sistema cardiocircolatorio).
Sono considerati un ottimo ricostituente, antianemici, lassativi, emollienti, vermifughi e depurativi ma, a causa della presenza di acido ossalico, sono sconsigliati nella dieta di chi soffre di calcoli renali.
La loro ricchezza di nutrienti è in grado di surrogare in maniera eccellente l’apporto nutritivo della carne che non sempre era presente nelle tavole di pastori e contadini.
Le notevoli proprietà nutritive ed il caratteristico sapore sapido gradevole e deciso, con vaghi sentori piccanti, rendono gli orapi una delle specialità più prelibate della cucina tradizionale pastorale e montanara abruzzese e molisana, da qui numerose ricette povere, che spaziano da sfiziosi primi piatti, sino a leggere insalate e gustosi contorni.
Gli orapi vengono consumati anche crudi, in semplici insalate con sale e limone. Sono ottimi sia serviti da soli dopo essere stati lessati e ripassati in padella, sia in abbinamento ad altre verdure o legumi come i fagioli e tra le più rinomate combinazioni spicca la minestra con riso fagioli e orapi . Possono essere un accompagnamento perfetto per la carne, in particolare con cacciagione. Non ultima la vellutata di orapi che grazie al suo intenso sapore e gusto avvolgente può essere un giusto connubio con crostini e legumi.
ALCUNE RICETTE
Prima cosa da fare è lavare più volte e con cura, in abbondante acqua, gli orapi.
GNOCCHETTI AGLI ORAPI:
- 1 kg di orapi
- 500 gr di gnocchetti di patate
- 2 spicchi d’aglio
- pecorino stagionato
- olio d’oliva
- sale
- peperoncino
Preparazione:
Lessare gli orapi in abbondante acqua salata. Successivamente in una padella mettere a rosolare l’aglio a fuoco lento con l’olio e il peperoncino e quando l’aglio sarà dorato aggiungere gli orapi.
Alcune varianti prevedono un condimento a base di sugo di pomodoro fresco oppure l’aggiunta di pancetta abbrustolita assieme agli orapi. Nel frattempo si possono lessare gli gnocchetti per poi, una volta pronti, scolarli e farli mantecare nella padella con gli orapi per qualche minuto. A questo punto si può passare una bella grattugiata di pecorino stagionato e servire ai propri ospiti.
PAN COTTO E ORAPI:
- 1 kg circa di orapi
- 300 g di pane casereccio raffermo
- 100 g di pancetta
- 2 cucchiai dolio extravergine d’oliva
- 1 spicchio d’aglio
- peperoncino
- sale
Preparazione:
Mettere sul fuoco una pentola con acqua salata, portare a bollore e immergervi gli orapi tagliati a pezzetti. Una volta cotti eliminare quasi tutta l’acqua (conservarne una tazza) e mettere nella pentola il pane a pezzi.
Lasciare ammorbidire quindi mescolare energicamente con il cucchiaio di legno finché non diventerà un composto morbido e abbastanza omogeneo (se necessario aggiungere un po’ dell’acqua di cottura).
Per il condimento, scaldare l’olio in una piccola padella e far soffriggere dolcemente, lo spicchio d’aglio, il peperoncino sbriciolato e la pancetta a pezzetti. Versare tutto il contenuto della padella nella pentola con il pancotto, mescolare e far insaporire il tutto per un paio di minuti.